TRILOGIA DEL TAVOLINO
26 luglio 2017
Castiglioncello, Armunia
​
In teatro si ha sempre il timore della seconda replica.
Se la prima è andata molto bene ci spaventa la flessione che molto probabilmente colpirà la seconda.
Questo discorso funziona anche per le prove.
​
Ieri abbiamo provato la scena detta del camaleonte che si realizza contemporaneamente nei due spazi tavolino e retro tenda.
La prova è risultata interessante e leggera e le attrici, per lo più, riuscivano a stare in concreta relazione sonora.
Quindi ci siamo divertite. Ci siamo lodate fra noi e abbiamo bevuto una birretta soddisfatte.
​
Oggi il timore, anche poco tacito, di riprovarla.
È accaduto che, rispetto allo spazio scenico, i nostri corpi stavano come quelli dei gatti quando girano intorno a un oggetto che non riconoscono, arcuati e tesi per fuggire in caso di pericolo.
Sono cose che si sentono e che gli attori conoscono bene.
Così abbiamo evitato la scena del camaleonte e intorno al lungo tavolo della stanza del the/tedesco/ricamo
abbiamo fatto memoria della scena detta delle sabbie mobili.
​
Privare lo spazio della scena della propria presenza, mettersi nella condizione di pensarlo e non di occuparlo, aiuta a concepirlo.
​
Meri : "Sembrerebbe quasi che la prova in scena ci abbia fatto intuire una prosodìa, mentre la prova di memoria ci ha restituito una conoscenza prossemica."
​
Il guaio di lavorare con attrici pensanti è che ora mi tocca riflettere.
​
Fare memoria è realmente approssimarsi.
​
Come dice Angela: "Fare memoria è crearsi una seconda pelle."
​
